Mr. Tree Cerca Moglie

 

 

Tre anni dopo

sul pianeta Mangos…

 

 

 

Il sole era basso all'orizzonte e tingeva di  rosso,  con  i suoi fervidi raggi, l'aria già infuocata  dalle  fiamme  della guerra di Secessione.

Lei vagava silenziosa tra le terre riarse e senza più  vita della grande tenuta. Quegli  avvenimenti  sconvolgenti  avevano turbato il suo animo, l'avevano fatta agire disperatamente. Ora il suo unico pensiero era rivolto alla natia Tara.

Mr. Tree sopraggiunse.

"Rossella, perdonami.", le disse.

Lei si voltò ed un lampo di luce le attraversò gli  occhi.

Mr. Tree la prese  tra  i  suoi  caldi  rami  e  la  baciò  con passione, mentre il sole lanciava i suoi ultimi bagliori...

 

 

"BASTA! STOP!", urlò il regista.  "Per  oggi  finiamo  qui. Riprendiamo domani."

La troupe si sciolse, disperdendosi in  ogni  direzione.  Mr. Tree tornò in camerino dove il suo amico manager  Danny  Olson lo aspettava.

"Questi dannati produttori",  disse  l`albero sbattendo la porta, "proprio su Mangos dovevano decidere di girare  Via  col vento 14. E` il pianeta  più  insopportabile  che  esista!  E`pieno di mosche e zanzare, poco ci  mancava  che  rovinassi  la scena finale!"

"Devi rassegnarti", commentò Olson,  "ora  sei  una  grande star cinematografica e stai diventando acido  e  incontentabile come loro!"

"Dici sul serio?", chiese Mr. Tree mentre si accingeva a fare una doccia (non troppo calda per non rovinare  la  levigatura).

Si sciacquò per bene,  poi  prese  l'asciugamano  e  se  lo sistemò sulla chioma fogliata a modo di  turbante,  sfruttando il fatto che le foglie bagnate occupano molto meno spazio.

"Cosa stai facendo?", chiese il manager.

"Sto  esercitandomi  nella  parte  di  Sandokan.  Credo  che accetterò la  proposta:  il  turbante  mi  dona!",   esclamò mirandosi il busto-tronco allo specchio.

"Dovresti, invece,  cercare  un'occasione  per  fornire  una buona interpretazione."

"Sai qual è il tuo problema, Danny?",  fece  Mr.  Tree.  "Ti manca  un  po'  d'umorismo,  dovresti  cercare  di  rilassarti. Perchè non ti decidi a trascorrere qualche  giorno  nella  mia villa su Venere, potresti distrarti un po'."

Cominciò  a  vestirsi   indossando   gli   speciali   abiti confezionati apposta per lui da Valentino. Si infilò i  soliti occhiali scuri firmati Versace, una spruzzatina di  Cacharel  e si decise ad uscire, seguito dal fedele manager.

"Sembra che la tua vita proceda a  gonfie  vele!",  osservò Olson.

"Eh, magari, caro Danny", sospirò l'albero, "hai toccato il punto dolente...".

Scesero le scale.

"Che vuoi dire?"

"L'amore, caro mio, riuscirò mai a trovare il vero amore?", disse Mr. Tree con enfasi.

"Stai diventando filosofico?"

"Macchè filosofico, sono pratico! Ho avuto  un  mucchio  di flirt, due o tre fidanzamenti e sedici corrispondenze  amorose. Nessuna ha dato i suoi frutti."

"Sarai stato sfortunato!"

"Lo puoi ben dire", fece  uscendo  dagli  Studios.  "La  mia prima ragazza era una Actariana dal  seno  quadruplo.  Sai,  la novità aveva stuzzicato molto la mia fantasia sessuale, ma poi trovai che tutto il suo cervello era finito nei seni e ben poco ne rimaneva nella zucca.

Poi conobbi Serena, una neozelandese emigrata  su  Melophos; era una ragazza molto intelligente e  veramente  molto  carina. L'unico problema era, però, un terribile raffreddore da fieno. Scoprì che era allergica al mio polline e decise di lasciarmi.

Fu la volta di Marisa, una marziana tutta fuoco  e  affamata di sesso. Aveva i capelli color rame  e  tante  braccia  quanti sono i miei rami. E le sue gambe erano così belle...  le  più belle che avessi mai visto!"

"E... come mai vi siete lasciati?", chiese Danny.

"Venni a scoprire che era un travestito. Fu  una  delle  mie più grosse delusioni."

Guardò  l'orologio  d'oro  Cartier  che  aveva  al  ramo  e aggiunse congedandosi:

"Perbacco, si è fatto tardi! Ora,  scusami,  Danny,  ho  un appuntamento col mio analista!", e si avviò verso  un  villino in fondo alla strada.

Sulla porta, un austero cartello portava la scritta:

 

 

 

   DOTT. IVO FOLOVO

    astropsicologo 

   depressioni, mal di spazio

crisi d'identità, fisse

 

 

 

Mr. Tree suonò il campanello. La  porta  si  aprì  da  sola lasciandolo entrare.

"Prego, si accomodi.", disse una voce dall'interno.

Mr. Tree fece capolino nella stanza. Il  dottore  si  trovava seduto comodamente sulla sua poltrona. Era un tipo  magrissimo, dalle guance incavate e l'aria quasi sofferta. Portava un  paio di occhiali molto spessi  che  gli  ingigantivano  due  rotondi occhi a pecora.

"Ditemi pure.", asserì lo psicologo, per nulla turbato  nel trovarsi di fronte ad un albero sapiens.

"Di notte, dottore, ho dei terribili  incubi  che  mi  fanno svegliare di soprassalto!", cominciò Mr. Tree.

"Riuscite a ricordarne qualcuno?", chiese Folovo.

"Sogno  di  avere  dei  rapporti  sessuali  con  una  pianta carnivora   del   diciasettesimo   secolo   in   un   monastero benedettino."

Il dottore lo guardò con un po' di ribrezzo.

"E la cosa vi disgusta?"

"Beh, direi proprio di no...", disse Mr. Tree  con  un  lieve sorriso malizioso.

"E allora qual è il problema?"

"E` il monastero benedettino che mi mette  soggezione...  mi lascia addosso una sensazione... come se commettessi peccato!"

"Siete un albero religioso?"

"Non sono certo bigotto, se  è  questo  quello  che  volete dire!"

Folovo prendeva appunti su un taccuino a pois.

"Il sogno si ripete regolarmente?", chiese.

"Ogni giovedì."

"Capisco", asserì Folovo continuando a scrivere.  "Soffrite di una comune turba sessuale..."

L`albero sgranò gli occhi con aria sconvolta.

"E` grave?"

"Nulla di preoccupante. Cosa ricordate dei vostri genitori?"

Mr. Tree scosse la testa amaramente.

"Non li ho mai conosciuti, so soltanto di essere un abete di madre larice", e aggiunse, "rammento  pochissimo  di  quand'ero arbusto."

"Vi manca il contatto con i vostri simili?"

"Desidererei molto raggiungerli, ma nessuno sa quale sia  il mio pianeta d'origine: il Comando Supremo Astrale se ne  occupa da mesi, ma senza ottenere alcun risultato."

"E` una tipica sindrome da solitudine. Scatenate  le  vostre ansie, le vostre nostalgie infantili in  un  sesso  sfrenato  e brutale. Adesso consulterò qualche testo..."

Folovo si alzò dalla sua poltrona prendendo un grosso libro da un ripiano antistante.  Quel  volume  aveva  un  così  alto numero di fogli che le pagine di copertina si  toccavano  l'una con l'altra, conferendo al tutto una forma quasi sferica.

"Uhm, vediamo cosa dice...", esclamò il dottore  sfogliando lentamente. "Vedo... vedo alcuni utili suggerimenti!"

Mr. Tree ascoltava assorto le parole che Folovo  leggeva  dal libro-sfera.

"Pensa che riuscirò a guarire?", chiese riluttante.

Le  pagine  sembravano  emanare  un  debole   chiarore   che illuminava la stanza, proiettando lunghe  ombre  sulle  pareti.

  Folovo interpretava quegli strani simboli con grande maestria.

"Vedo la vostra  inconfondibile  chioma  alla  clorofilla... vagare alla ricerca dell'anima gemella!"

"E... dite! Riuscirò a  trovarla?",  chiese  trepidante  Mr. Tree.

"Sì", rispose Folovo con assoluta  certezza,  "ma  a  lungo stenterete a riconoscerla!"

Folovo aveva parlato. Si sedette di nuovo, esausto  dopo  la difficile diagnosi. Dopodichè chiese per  la  sua  prestazione ben centosessanta dollari, più altri quaranta per la trance.

Mr. Tree sganciò a malavoglia la somma,  prese  la  ricevuta fiscale  che  il  dottore  gli   aveva   consegnato   e   uscì dall'abitazione, portandosi  via  un  opuscolo  sulle  malattie spazioveneree.

Dopo aver fatto pochi passi, qualcuno lo  chiamò  alle  sue spalle. Era il razzopostino, che come ogni mattina  distribuiva la corrispondenza planetaria.

"Signor Tree", disse il razzopostino, "c'è una raccomandata via razzo per lei dal Comando Supremo Astrale!"

"Cosa diavolo vorranno?", pensò l'albero mentre firmava  la ricevuta.

Non appena il razzopostino si fu allontanato, Mr. Tree  aprì la busta, cominciando a leggere le prime righe:

 

 

    Nuovi sviluppi nella  missione  di

 ricerca del vostro pianeta natale!

    Dopo  minuziose  indagini,  ci  è

 pervenuto del  materiale  che  indica

 inconfutabilmente  la   presenza   di

 gente  della  sua  razza  (accludiamo

 fotografia)...

 

 

Mr. Tree esaminò la foto con interesse:  per  poco  non  gli prendeva un colpo! Il suo giovane cuore di lignea fibra non era avvezzo a simili emozioni.

Quell'immagine mostrava una procace  albera  in  costume da bagno a due pezzi, tutta curve, con due  nodi  prominenti  come davanzali e una folta chioma a caschetto riccia e fogliata.

Mr. Tree aveva letteralmente gli occhi fuori dai rami e tutta la corteccia sudata!

Non aveva mai visto un'albera prima d'ora.  L'esperienza  fu delle  più  sconvolgenti  che  avesse  vissuto.  Ebbe  torbidi pensieri di scene di impollinazione  carnale...  tutto  il  suo corpo sembrava vibrare.

Dopo  anni  di  squallide   relazioni   interrazziali,   era finalmente giunto il  tempo  di  sistemarsi;  era  arrivato  il momento di cercarsi una moglie!

Riprese contatto con la realtà, tornando  con  i  rami  per terra, e terminò di leggere la lettera speditagli dal  Comando Supremo Astrale:

 

 

 ...tuttavia è sconosciuto il  motivo

 per  cui  tale  razza   sia   rimasta

 nell'ombra   per    millenni    senza

 lasciare minimamente trapelare  segni

 della propria presenza.

    La  sua  nuova  missione  consiste

 nello  scoprire  i  motivi  di  detto

 comportamento.

    Per   ultimo,   abbiamo   scoperto

 l'ubicazione del pianeta che nasconde

 i  suoi  simili,  finalmente  abbiamo

 localizzato...

Vegetalia.
 20   

 

 

 

 

Il viaggio era piuttosto lungo e Mr.  Tree  aveva  deciso  di affidarsi  alla  vivace  e  chiacchierona  Gilda,   l'astronave cabriolet che aveva comprato già da qualche  tempo  e  che  lo aveva servizievolmente aiutato nelle ultime imprese.

Gilda, per certi versi, era molto cambiata, ma rimaneva  pur sempre una grandissima appassionata di  musica,  che  ascoltava tramite un grosso walkman applicato  agli  apparati  sensitivi.

  Aveva eliminato le luci psichedeliche, a  favore  di  un  folto numero di treccine alla maniera di Bob Marley.

"Cosa stai ascoltando?", chiese Mr. Tree guardando i panorami stellari dal finestrino.

L'astronave sbattè le  palpebre  dei  suoi  fanali  azzurri truccati con olio di rimmel e disse noncurante:

"Sono passata al reggae e alla musica afrocubana!  E`  molto stimolante,  sai...  da  quando  l'ho  conosciuta  non  ascolto altro!"

"Non eri appassionata di rock-fusion?",  commentò  l'albero distrattamente.

"Heavy metal, musica folcloristica, lirica... cambio  genere continuamente! Una delle mie ultime scoperte è stata la musica popolare pakistana. E' così strabiliante che ho  cominciato  a prendere lezioni di sitar per corrispondenza... Piuttosto, sono due ore che siamo in viaggio e non mi hai detto ancora nulla."

"A proposito di cosa?", le chiese Mr. Tree.

"Come sarebbe a dire? Del mio aspetto, no?",  chiarì  Gilda con una punta di ripicca.

L'albero si guardò attorno con occhi confusi.

"Beh, non saprei che dire..."

"Sai dove sono stata negli ultimi due  mesi?",  fece  ancora Gilda senza aspettare una risposta. "In una clinica svizzera su Columbus IX."

Illuminò i fari con aria maestosa.

"Per... qualche ritoccatina!"

"Vuoi dire che ti sei rifatta..."

"...l'impianto di illuminazione! Ti piace?"

"Avevo  notato  qualcosa,  ma  non  avrei  certo  immaginato tanto!", esclamò Mr. Tree stupefatto. "Non credevo  esistessero cliniche svizzere per astronavi!"

"Oggi va molto di moda.", osservò  Gilda.  "Certo,  non  è alla portata di tutte le tasche. Ci vanno solo quelle ricche  o famose. Ho conosciuto persino la Nostromo del film 'Alien'. Dicono  che stesse gonfiandosi le torrette...  Dal vivo è ancora più bella!"

Ad un tratto un sensore si  illuminò  mandando  un  segnale acustico fastidioso e ripetitivo.

"Siamo già arrivati su Vegetalia?!", chiese Mr. Tree.

"Frena il  tuo  impeto.",  disse  Gilda  mentre  disinseriva l'allarme. "Era solo il mio timer. Devo togliermi  i  fanali  a contatto." L'astronave portò a termine l'operazione e inforcò un paio d'occhiali a  goccia  che  le  conferivano  un'aria  da intellettuale.  "Dimmi,  piuttosto.  Cosa  sai  di  questo  tuo pianeta natale, Vegetalia per intenderci?"

"Ben poco", asserì Mr. Tree, "a parte le sue coordinate e la foto di questa stupenda albera!"

Gilda osservò la foto che Mr. Tree aveva tirato fuori  dalle tasche. Provava  una  terribile  gelosia  che  non  riusciva  a spiegare. Se avesse potuto, avrebbe  incenerito  quell'immagine all'istante. Non voleva ammetterlo, ma col passare del tempo si accorgeva che per lei Mr. Tree  era  ben  più  di  un  semplice padrone.

"Niente di eccezionale.", finse di commentare.

"Come sarebbe a dire? E` stupenda. Qui dice addirittura  che è stata eletta miss Cespuglio nel '92  e  miss  Altofusto  nel '97!"

L'astronave cercò di cambiare discorso.

"Cosa farai, una volta giunto sul pianeta?"

"Devo scoprire il più possibile della loro civiltà, per me sarà come... ritrovare me stesso."

Il sensore si illuminò nuovamente.

"Questa volta ci siamo."

Sullo schermo apparve la stupenda  immagine  di  quello  che doveva essere il pianeta verde per  eccellenza:  Vegetalia.

Mr. Tree era esultante e studiò la rotta per l'atterraggio.

"La superficie è coperta per l'80%  da  foreste!",  asserì Gilda euforica, dopo una rapida analisi.

"Non immaginavo  che  il  mio  pianeta  natale  fosse  così superbo!", disse con fierezza l'albero. "Carissima  Gilda,  sei testimone del mio ritorno a casa!"

L'astronave ebbe un sussulto.  L'aveva  chiamata  carissima, con quella sua voce soave e alberesca. L'aveva  resa  partecipe di un evento che avrebbe ricordato per tutta la vita. Ora,  era sicura di amarlo, e con tutte le turbine.

"Ti  senti  bene?",  chiese  Mr.  Tree  notando  che  si  era ammutolita.

"Eh...  Ah,    scusa...",  si  riprese,  "dove   dobbiamo atterrare?"

"Nell'emisfero settentrionale, esattamente  all'altezza  del 40° parallelo. Dovrebbe essere O.K.!"

Ubbidì distrattamente. Oramai i suoi pensieri  erano  tutti rivolti al suo amore per quell'albero testardo e  avventuriero.

  Ogni volta che pensava a lui, le sue turbine  acceleravano  con un ritmo ossessivo.

"Potrà mai funzionare?", pensò. "Lui è un albero  sapiens ed io una semplice astronave berlina di 3° categoria..."

Dai fanali scese una goccia d'olio di tristezza.

"Come farò a dirgli che lo amo..."

Atterrò delicatamente su una piccola radura, circondata  da piante  ad  alto  fusto.  La  foresta  si  estendeva  in   ogni direzione, per miglia e miglia, perdendosi all'orizzonte.

Vegetalia.

L'unico sole era già alto nel cielo, l'atmosfera sapeva di ciclamino e il suolo abbondava di  fresco  humus.  Mr. Tree aveva trovato il paradiso!

Scese dall'astronave, cominciando a correre sull'erba.

"Aspetta!", gli urlò Gilda. "Può essere pericoloso! E` pur sempre un pianeta sconosciuto."

"Ma che dici?", fece l'albero. "Mi sembra quasi come se  non fossi  mai  andato  via!  Tu  aspetta  qui."  E  si  allontanò rapidamente.

"Lo  sapevo.",  mormorò  Gilda  visibilmente  seccata.  "Il destino di noi donne è aspettare!" Dopodichè tirò  fuori  un cruciverba e cominciò a riempire le caselle.

Mr. Tree si inoltrò,  procedendo  con  disinvoltura  tra  la fitta vegetazione. Molti rumori di natura  diversa  provenivano da tutte le direzioni. Un  attimo  di  distrazione  bastò  per farlo sbattere contro una robusta quercia ambulante.

"Guarda dove metti i piedi, cretino!", disse la quercia.

Mr. Tree la guardò meglio e notò che non  era  proprio  una quercia. Era bassa e tracagnotta e  sulla  sommità  aveva  una boccaccia larga, munita di varie file di denti.

La pseudo quercia era su tutte le furie.

"Ma tu guarda", disse, "con la penuria di animali  che  c'è su questo pianeta, chi viene sempre a sbattermi sul muso!"  Poi continuò: "Se  non  te  ne  vai  all'istante,  potrei  persino diventare vegetariana!"

Mr. Tree si scusò immediatamente e si allontanò, mentre  la quercia carnivora continuava a borbottare.

Giunto  agli  estremi  di  un  viottolo,  notò  uno  strano cartello, posto all'ingresso di un piccolo rifugio.

 

 

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"E` proprio quello che ci voleva.", fece Mr. Tree.

Chiamò ad alta voce, ma non gli pervenne  alcuna  risposta. Provò a girare attorno al rifugio: finalmente vide qualcuno.

C'era un vecchio faggio, basso e grassottello,  che,  seduto comodamente su di una sdraia, si stava facendo le  ramicure  da una attempata canna da zucchero in camice bianco.

"Prego, avvicinati.", fece il faggio cordialmente.

"E` lei lo gnomo bonsai?", chiese Mr. Tree.

"In rami  e  corteccia",  rispose,  "e  da  almeno  duecento anelli!"

Mr. Tree  fu  sul  punto  di  presentarsi,  ma  lo  gnomo  lo precedette.

"Sei il famoso Mr. Tree. Benvenuto su Vegetalia!"

"Mi conosce?"

"Ho letto quasi tutte le tue storie! Ultimamente ti sei dato al Cinema, mi pare!"

Mr. Tree annuì.

"Avrei bisogno del suo  aiuto.  Questa  foresta  è  davvero inestricabile e non  so  come  raggiungere  il  villaggio  più vicino."

"E` già un miracolo che tu sia  giunto  sano  e  salvo  fin qui.", ammise lo gnomo  alzandosi  in  piedi.  "Avresti  potuto incontrare qualche tigliaguaro, o, peggio, un orzodrillo!"

Il faggio prese un fucile dalla parete  e  glielo  consegnò con premura.

"Prendilo, non puoi proseguire disarmato... Purtroppo i miei vecchi rami non mi reggono più già  da  parecchi  anelli,  ma Arturo ti potrà accompagnare..."

"Arturo?"

"E` un giovane pino taglialegna",  spiegò  lo  gnomo,  "sua madre morì quand'era al primo germoglio e  lo  affidò  a  me. Sono passati ormai quasi venti anelli..."

Lo gnomo bonsai si diresse verso una piccola radura, seguito da Mr. Tree. Si udivano i colpi dell'accetta già da lontano.

Arturo era poco più di un arbusto, eppure i suoi rami erano già forti e nodosi.  Lo  videro  mentre,  a  tronco  nudo,  si accingeva a buttar giù  un  fusto  alto  parecchi  metri,  con accettate precise e violente. Accolse con piacere  la  proposta di accompagnare Mr. Tree,  anzi,  era  una  scusa  in  più  per recarsi al villaggio a fare baldoria.

Salutarono  lo  gnomo  bonsai  e  si   incamminarono   lungo l'ombroso sentiero.

"Io sono un pino purolinfa da  almeno  sette  generazioni!", disse Arturo, "E tu?"

"No, io sono abete di madre larice.", fece Mr.  Tree.  "Vengo da molto lontano, sono ritornato sul mio  pianeta  per  cercare una moglie!"

"E sei ricco?", chiese il giovane pino.

"Beh, sì, direi proprio di sì."

"Oh, allora tutte le..."

Arturo si interruppe bruscamente.

"Che succede?"

"Ho  udito  un  fruscio.  Fai  attenzione,  potrebbe  essere un'ortica a sonagli!"

Mr. Tree avanzò con estrema  cautela,  mentre  Arturo  aveva preso un'altra direzione. Improvvisamente il  fruscio  si  fece sentire di nuovo.

"Chi va là?", chiese Mr. Tree col fucile spianato.

"Fermo!  Non  sparare!  Sono  solo   un   povero   rosmarino indifeso."

"Non ti muovere!", fece Mr. Tree avanzando di  un  passo  con aria minacciosa.

"E come potrei?", fece il  rosmarino,  "Tutti  sanno  che  i rosmarini non hanno ancora imparato a camminare...  Dicono  che siamo meno evoluti!"

Il rosmarino si contorceva facendo vibrare anche  le  foglie più basse, senza però riuscire a staccarsi di un millimetro.

"Io stavo solo esercitandomi", aggiunse, "chissà, un giorno forse potrei anche imparare a muovere  qualche  passo.  Il  mio sogno è quello di guidare una Ferrari..."

Mr. Tree lo stava osservando con aria sbigottita.  Arturo  li raggiunse in quel momento.

"Che è successo?", chiese.

"Niente", rispose Mr. Tree, "solo un rosmarino che ha  voglia di sgranchirsi i rami."

"La ginnastica non è decisamente  il  mio  forte!",  ammise esausta la povera pianta. Detto  questo  inforcò  un  paio  di occhiali da vista e si mise a leggere un libro di poesie.

Mr. Tree e Arturo lo lasciarono alle sue letture,  procedendo lungo il sentiero per non perdere l'orientamento.

"La mia ragazza si chiama Gina.", riprese il discorso Arturo con  aria  sognante.  "E`  una  simpatica  ginestra  burlona  e spiritosa! E` cordiale, aperta e... sessualmente disinibita!"

Mr. Tree lo ascoltava divertito.

"E` carina?", chiese.

"Bellissima! I suoi petali gialli e profumati circondano due stupendi occhi mediterranei!"

Il volto di Arturo lasciava trapelare i propri sentimenti.

"Mi  farai  conoscere  qualche  pianta  passabile,  giù  al villaggio?", chiese Mr. Tree.

"Certo! Non ti  preoccupare,  ho  giusto  in  mente  qualche albera che potrebbe fare al caso tuo! Hai qualche preferenza?"

"Niente di particolare", aggiunse, "basta che abbia  i  nodi al punto giusto!"

Arturo proruppe in una  risata.  Mr.  Tree  notò  che  anche qualcun altro, nella foresta, rideva. Era  ancora  lontano,  ma nettamente percettibile.

Non appena Arturo  se  ne  accorse,  sbarrò  gli  occhi  e, invitando  l'amico  a  fare  il  minimo  rumore  possibile,  si arrampicò su di un grosso cedro, seguito a ruota da Mr. Tree.

Fermi, immobili, come alberi non-sapiens, videro passare una strana creatura: era un  quadruramide  a  foglie  lanceolate  e dalle spine artigliate  e  taglienti.  Procedeva  sghignazzando dalle risate, con una lunga  e  folta  chioma  liscia  che  gli scendeva sulle spalle.

"E`   un   salice   ridens.",    sussurrò    Arturo.    "E` pericolosissimo:  divora  mezzo  quintale  di  legna  in  pochi minuti!"

Il salice avvistò una  malvazzella  poco  lontano.  Con  un balzo le fu sopra, spezzandone i deboli rami e  divorandone  il tenero midollo. Non appena fu sazio, si fece un'ultima risatina e abbandonò la preda, lasciando gli straziati resti a  qualche gelsopardo di passaggio e vegetali parassiti vari.

Ripreso il cammino, i due alberi decisero di riposarsi sulle rive di un piccolo lago poco distante.

"Quest'acqua ha un sapore  fantastico!",  osservò  Mr.  Tree sorseggiando piano.

Il gracidare di alcuni limoni anfibi, che si tuffavano senza timore, quasi copriva le sue parole.

"Ho paura che ci  siamo  persi!",  asserì  Arturo.  "Eppure dovremmo essere vicini al villaggio."

Videro da lontano  la  sagoma  di  un  tizio  che  si  stava avvicinando.

"E` un pericolo?", chiese Mr. Tree.

"Non  credo",  fece  Arturo,  "dovrebbe  essere  un   leccio marsupiale, anzi, potremmo chiedergli qualche informazione!"

Il leccio fu a pochi passi da loro. Nella  parte  anteriore, un simpatico leccino giaceva mezzo addormentato. Salutarono.

"Cosa volete?", fece il leccio con aria difensiva.

"Non abbia timore. Vogliamo solo qualche indicazione per  il villaggio."

"Parlate piano o sveglierete Leo: ha solo pochi mesi  ed  ha bisogno di riposo."

Il leccino aprì gli occhi, ma li richiuse quasi subito.  Si stiracchiò i rami, per poi sistemarsi meglio  all'interno  del confortevole marsupio.

Il padre gli accarezzò le foglie con dolcezza, poi  riprese a parlare.

"Il  villaggio  è  poco  lontano  da  qui,   lungo   quella direzione. Non potete sbagliare!"

Mr. Tree e Arturo ringraziarono vivamente e si  incamminarono salutando.

Il sentiero procedeva in salita  su  di  una  collina  e  la vegetazione si  era  fatta  più  rada.  In  alto,  nel  cielo, riuscirono  a  scorgere  uno  stormo   di   edere   reali   che volteggiavano libere.

Il villaggio apparve loro  all'improvviso,  soltanto  che... non era proprio un villaggio!

La  pianura  sottostante  era  quasi  interamente  piena  di costruzioni! Gli abitanti erano certamente migliaia!

La maggior parte delle case era piuttosto bassa: un piano  o forse  due;  e  i  tetti  a  terrazzo  erano  di  un  materiale pressochè trasparente, per filtrare i raggi solari. Le  larghe strade asfaltate erano  percorse  da  strani  veicoli  fatti  a misura d'albero.

"Vieni!", disse Arturo. "Ti farò conoscere alcuni amici."

Si  incamminarono  verso  un  villino   dall'aspetto   molto confortevole e circondato da un lussuoso giardino.

Mr. Tree osservava  esterefatto.  Il  pianeta  Vegetalia  era molto più evoluto di quanto si sarebbe aspettato.

Alcune persone, che li avevano visti arrivare,  erano  sulla soglia  ad  attenderli.  Il   ciliegio   da   guardia   abbaiò prepotentemente, dando alcuni forti strattoni alla catena.

"Caro Mr.  Tree",  fece  Arturo  quando  furono  vicini,  "ti presento la famiglia Sempreverdi!"

Il capofamiglia porse il ramo:

"Benvenuto a  Tree city!"


21   

 

 

 

 

L'albera si tolse il reggiseno.

"Sei davvero provocante, Liana!", le sussurrò Mr. Tree.

Si avvicinò piano, sfiorandone la  rossa  chioma  fogliata, dalle sfumature autunnali; poi  l'abbracciò  con  delicatezza, stringendone i dolci rami.

Si baciarono.

"Vuoi  un  po'  di  fumo  al   verderame?",   chiese   Liana arditamente. "Dicono che sia un potente afrodisiaco."

"Non credo di averne bisogno.", rispose Mr. Tree  continuando a baciarla con passione.

"Come sei irruento!", osservò l'albera. "Non  mi  lasci  un attimo di respiro!"

Mr.  Tree  replicò  sfiorandole  la   corteccia   liscia   e vellutata.

"Ho le impollinazioni.", ammise d'un tratto Liana.

"Hai preso la pillola?", le chiese Mr. Tree.

"Sì.", rassicurò l'albera.

"E allora non ti preoccupare. Vedrai, penserò a tutto io."

Si abbandonarono alla più sfrenata follia sessuale.

Più tardi Liana fu la prima a farsi la doccia.

"Ti tratterrai ancora molto a Tree city?"

"Dipende da te... e dall'ospitalità di tuo padre!"

"Sarò  franca",  disse  l'albera,  "sei  stato  fantastico, davvero, ma io sono legata alla  mia  città,  al  mio  pianeta Vegetalia. Non credo che l'abbandonerei..."

"Vuoi dire che non ci vedremo più?"

Liana annuì con amarezza.

"Ti aspetto di sotto.", disse lasciando la camera.

Mr. Tree si vestì, pensando che dopotutto non era il caso di prendersela.

Scese le scale. Era così esausto  per  le  sue  prestazioni sessuali, che zoppicava leggermente al ramo sinistro.

Attorno ad una  favolosa  tavola  imbandita,  una  folla  di affamati  vegetali  si  accalcava  con  un  vociare  confuso  e frastornante. Oltre alla  famiglia  Sempreverdi  c'erano  anche parecchi ospiti, in occasione di una ricorrenza locale.

Non vide Liana, ma in compenso c'erano le altre due sorelle, certamente non meno carine. Rosa era  bionda  (probabilmente  a foglie ossigenate) e Margherita era un'attraente morotta  dalle foglie corvine. Gli sorrisero entrambe.

Qualcuno si avvicinò.

"E cofì lei  è  il  famofo  Mv  Tvee!",  fece  una  mimosa dall'aria snob. "Ho letto molte delle fue ftovie. Fono  davvevo fantaftiche!"

Mr. Tree annuì sorridendo cortesemente. La mimosa si  scusò e andò a salutare alcune genziane che erano appena arrivate.

Gli ospiti si sedettero. Finalmente furono portati a  tavola i primi piatti. Venne servito del  minestrone  che  mandava  un odorino delizioso.

Una giovane cameriera piuttosto grassottella, che  altro  non era se non una patata, dalle forme irregolari e  la  carnagione scura, era in procinto di servire Mr. Tree.

Involontariamente gli versò un po' di  brodo  sull'elegante giacca firmata Valentino.

"Oh, signor Tree, sono veramente mortificata!", si scusò la patata. "Le assicuro che non mi era mai successa una  cosa  del genere!"

"Non si preoccupi", la calmò l'albero, "signorina..."

"Novella!", rispose la patata.

"Lo sa che è un bel nome!", osservò.

"Vengo dalle piantagioni del sud. E` molto comune da  quelle parti."

Novella lo accompagnò nel retro per smacchiargli la giacca.

"Farò in un minuto!", disse.

"Faccia pure con comodo.", replicò Mr. Tree.

"Lei ha viaggiato in tutte le parti della galassia, vero?"

"In lungo  e  in  largo.  Nonostante  ciò,  il  posto  più bizzarro che abbia mai incontrato è  proprio  il  mio  pianeta natale. Non è assurdo?"

"Lo trova davvero così bizzarro? Io ci sono nata. Per me è tutto così naturale! Il mio  sogno...  no,  non  glielo  posso svelare..."

"Perchè mai? Sono curioso!"

La patata ebbe un attimo di esitazione.

"Vorrei che qualcuno mi portasse lontano  da  qui,  nel  suo mondo!"

Mr. Tree le sorrise.

"Non credo che le piacerebbe!"

Novella terminò di smacchiargli il vestito e l'albero potè di nuovo raggiungere gli altri.

Più tardi Mr. Tree uscì a fare una passeggiata.

Si  diresse  verso  quella  che  doveva  essere   la   piazza principale della città. Avvicinandosi, cominciò a  vedere  un certo movimento.

Una  folla,  composta  quasi  esclusivamente  da  palme   da dattero, aveva formato un lungo corteo,  che  prese  a  sfilare lungo  le  vie.  Pronunciavano  strane  frasi,   forse   slogan politici.

Mr. Tree riuscì  a  leggere  alcuni  di  quei  cartelli  che andavano sbandierando:

 

 

VIVA MARY

VOGLIAMO MARY  

FUORI DALLE SBARRE !

MARY LIBERA !! 

PIU' FONDI PER IL COMITATO

DI LIBERALIZZAZIONE DI MARY !

 

 

"Doveva essere una eroina popolare.", pensò Mr. Tree.

Era  talmente  incuriosito  che  si  decise  a  chiedere   a qualcuno.

Vide un cetriolo all'angolo della strada che  aveva  proprio l'aspetto del tizio che  sa  un  sacco  di  cose,  specialmente quelle degli altri.

"Scusi", fece Mr. Tree, "chi è questa Mary di cui  si  parla tanto?"

"Mah...", rispose il cetriolo, "è una pianta di marjuana che fu arrestata alcuni mesi fa, durante lo sciopero  dei  cipressi nei cimiteri. Dicono che sia una contestatrice, ma  secondo  me è una poco di buono!"

"Che cosa ha fatto?"

"Ha soppiantato  il  tabacco.  Dicono  che  c'è  stata  una colluttazione."

Mr. Tree si  allontanò,  ringraziando  il  cetriolo  per  le preziose informazioni.

In quel momento notò che qualcuno lo stava  seguendo.  Vide che  era  un  olmo,   piuttosto   alto,   magro,   dall'aspetto trasandato.

Mr. Tree lo lasciò avvicinare. L'olmo gli rivolse la parola:

"Lo sai che sei carino, fogliolone?"

Mr. Tree non credeva alle proprie orecchie. Si  voltò  senza nemmeno rispondergli e cambiò direzione. Non avrebbe mai  pensato  di  incontrare  un  olmo  gay,  un olmosessuale!

Dopo un po' che camminava, sentì ancora i suoi passi dietro la schiena.

Quel pervertito gli veniva proprio dietro!

Aumentò l'andatura, vide una  graziosa  abitazione  con  un giardino che non era custodito e decise di nascondersi lì.

Vide l'olmo  arrivare.  Se  fosse  rimasto  fermo  l'avrebbe trovato sicuramente. Pensò allora di calarsi in un pozzo.  Era il nascondiglio ideale.

Si arrampicò  sull'asse,  poi  scese  lentamente  lungo  la corda,  facendo  attenzione  a  far  entrare  la  folta  chioma fogliata. Sarebbero bastati solo pochi minuti.

Era piuttosto buio, in fondo al pozzo.

"Buon giorno.", disse una voce profonda da baritono.

Mr. Tree si prese un bello spavento.

"Chi è?", chiese tremolante.

La voce si presentò:

"Il mio nome  è  Nerone.  Sono  un  vecchio  giacimento  di carbone in via di esaurimento. Posso  presentarti  le  mie  due amiche, Rita e Rachele?"

Mr. Tree notò altri due strani esseri, ma i suoi occhi non si erano ancora perfettamente assuefatti al buio.

"Piacere!", salutò.

"Rita è una radica di noce", continuò Nerone,  "e  Rachele una radice quadrata!"

Ora  Mr.  Tree  cominciava  a  distinguere  i  particolari  e riconobbe le loro sagome inconfondibili.

Nerone  si  congedò  scusandosi,   visto   che   aveva   un appuntamento col neurologo (per via dell'esaurimento della sua vena).

"Sei nuovo di queste parti?", gli chiese Rita.

"Come l'avete capito?"

"Gli alberi non scendono mai nel  sottosuolo.  Si  muore  di noia, qui. Sai giocare a briscola?"

"Un po', ma ho sempre delle brutte carte!"

"Potresti iscriverti al nostro torneo!", fece  Rachele.  "Si vincono dei  grossi  premi:  Nerone  ha  organizzato  tutto  in maniera perfetta!"

"Mi dispiace", fece Mr. Tree,  "ma  sono  in  partenza:  devo tornare al  più  presto  alla  mia  astronave.  E`  molto  che aspetta, ormai."

"E` un peccato!", disse Rita. "Mi eri davvero simpatico..."

Mr. Tree salutò, arrampicandosi di  nuovo  lungo  la  corda. Arrivato  in  superficie,  non  vide  traccia  di  olmi  e   si allontanò rapidamente.

Ad un certo punto,  notò  un  recipiente  pieno  di  strani oggetti, lasciato sopra un ripiano con un cartello che diceva:

 

 

RUBINI IN LETARGO

portafortuna  

GRATIS !

 

 

Mr. Tree, esitante, ne prese uno in mano. Era un vero rubino, luccicante e freddo. Il cartello specificava che erano  gratis, per cui se lo mise in tasca e proseguì per la strada di casa.

Sulla soglia, vide  Arturo  e  la  famiglia  Sempreverdi  al completo.

"Salve, Mr. Tree. E` pronto per la partenza?"

"Sì, sono tornato a salutare e a prendere i bagagli,  anche se non so..."

"C'è un autobus che  potrà  accompagnarla  presso  la  sua astronave. L'autista farà una leggera deviazione  apposta  per lei!"

"Non so come ringraziare tutti quanti. Siete  stati  davvero gentili!"

"Sarà sempre il benvenuto, qui da  noi!",  fece  il  signor Sempreverdi. "Si ricordi di mandarci una copia del  suo  ultimo film!"

"Non mancherò, vedrà!"

Mr. Tree raggiunse l'autobus che lo stava aspettando. Partì, lanciando un'ultima occhiata verso Tree city.

Il viaggio fu più breve del  previsto.  Raggiunse  in  poco tempo la radura dove aveva parcheggiato la propria astronave.

Trovò Gilda che stava sferruzzando con grande  abilità  un grosso copriletto dal disegno geometrico.

"Ah, ecco  dov'eri  finito!",  disse  l'astronave  dall'aria seccata. "Meno male che intanto ho lavorato al mio corredo!"

"Perchè, hai intenzione di sposarti?", fece l'albero.

"Tu, piuttosto! Non hai detto che stavi cercando moglie?"

"Beh, sì, ma... ho deciso di aspettare."

Gilda, nelle sue turbine, si sentì rinascere. Mise da parte il copriletto e si preparò per il decollo. Con un rombo  degno delle migliori astronavi, si catapultò nello spazio siderale.

"Cosa dirai al Comando Supremo Astrale di Vegetalia?"

"Diremo che è un pianeta povero e inospitale."

"Cosa? Ma se..."

"Vorresti forse vederlo  invaso  dalle  seghe  elettriche  e dalle scavatrici supersoniche? Vegetalia sarebbe  in  grado  di fornire risorse energetiche per  un'intera  galassia!  Ma  dove finirebbe la mia gente, i miei  amici?  No,  deve  rimanere  un segreto fra me e te!"

Mr. Tree  osservò  dal  finestrino  il  pianeta  verde,  che rimpiccoliva ogni secondo.

"Ah!  Giusto  dimenticavo!",  fece  l'albero  tirando  fuori qualcosa dalle tasche. "L'ho trovato e ho pensato che ti sarebbe piaciuto! E` un portafortuna!"

Mr. Tree mostrò lo stupendo rubino in letargo, che luccicava con mille riflessi.

Gilda era rimasta senza fiato.  Prese  la  pietra  e  se  la sistemò sulla tappezzeria esterna.

"Sei un angelo!", disse esuberante.

"Non farti strane illusioni.", aggiunse Mr. Tree.

Ma l'astronave, in silenzio, stava già tramando una maniera per incastrarlo come si deve.


22

 

 

 

 

 

 

Era notte fonda.

Un debole chiarore stellare illuminava con tenui riflessi le pareti metalliche di un'astronave aspirante attrice; una navetta dormiente in una notte priva di luna.

All'improvviso un singulto.

Dalla parete una massa cristallina, fino ad allora inerte e silenziosa, sembrò prendere vita, come risvegliatasi da un lungo sonno.

Sprigionava una luce rossa e intensa, pulsante.

"Finalmente!", esclamò il rubino e saltellò via in cerca di qualcosa da mangiare.